Politiche Attive. Nessun effetto su Catania. L’azienda continua a ricorrere al precariato. Ancora sacrifici per lavoratori Part Time e per chi aspira da anni al trasferimento

L’Accordo sulle Politiche Attive, come è stato affermato più volte anche da osservatori esterni, ha costituito un esempio per tutto il Paese, non solo per gli incoraggianti sviluppi occupazionali che contiene ma anche per il fruttuoso consolidamento delle Relazioni Industriali tra Azienda e Sindacati. Insomma, un Accordo “quasi storico” che lasciava prevedere sensi di soddisfazione nella categoria.

In questa provincia, però, così non è stato!

Gli innumerevoli interventi operati su vasta scala, riguardanti soprattutto nello specifico le trasformazioni dei contratti Part Time in Full Time e la Mobilità volontaria nazionale hanno di fatto, guardando ai numeri, appena sfiorato la provincia di Catania, gettando nello sconforto una moltitudine di lavoratori che attendevano gli esiti di questo “benedetto” Accordo per veder realizzati finalmente le mai sopite aspirazioni.

Aspirazioni queste che, dopo oltre dieci anni di inutile attesa, costellati da momenti di apparenti “aperture” poi regolarmente negate, potremmo definire anche legittime.

Alle continue e pressanti istanze posteci dai lavoratori in attesa, il “blocco” invalicabile è stato e rimane l’assenza di posti disponibili e l’eccedenza di risorse nel territorio, una risposta che costituisce un facile alibi per l’azienda ma che nel tempo si è rilevato sempre meno persuasivo.

In ambito PCL, solo nell’ultimo anno, l’azienda ha effettuato assunzioni con contratto a termine (CTD) per centinaia di risorse e ancora oggi continua ad assumere, prolunga i contratti ed effettua selezioni di personale; le carenze “reali” presso CD e PDD (decine le zone di recapito prive di titolare) e presso il CS non si contano più e tutto il settore si regge a malapena sulle prestazioni di straordinario (enorme il monte ore erogato) e sui lavoratori assunti a carattere temporaneo; di più recente soluzione è il massiccio ricorso alla clausola elastica, ultima spiaggia di un sistema ridotto all’osso.

Come spiegare questa ingente richiesta di fabbisogno alle 8 (otto) risorse PTL e alle 9 (nove) risorse di Addetto Produzione, tutte Part Time, che da dieci anni attendono la trasformazione? Cosa spiegare ai tanti padri e madri di famiglia che per tenersi attaccati al lavoro sono costretti a separarsi per migliaia di KM da luogo di residenza? Conosciamo già la risposta aziendale, che è l’alibi di cui si diceva prima, che sana matematicamente ma non ragionevolmente le palesi contraddizioni.

In siffatte condizioni, con il sistematico ricorso al lavoro”precario”, è conseguente che non ci sarà MAI mezzo posto disponibile per un Part Time e MAI un minimo spiraglio per un lavoratore che da qualche decennio vive lontano dagli affetti. Ogni speranza per un Part Time viene a priori mortificata e ogni graduatoria di Mobilità, la cui posizione viene spesso ottenuta a costo di grandi sacrifici viene, nei fatti, annullata in partenza.

Si assiste persino a taluni paradossi che non fanno dormire sonni tranquilli ai lavoratori quando avviene che, in una provincia limitrofa, un PTL assunto nel 2019 in una regione del nord e con contratto Part Time, viene prima trasferito nella sua sede e successivamente trasformato Full Time. Naturalmente nell’ambito delle regole dettate dall’Accordo, perciò qualcosa non quadra.

Potremmo continuare con le “dolorose” contraddizioni e le ambiguità, ma non è questo l’obiettivo né il senso che vogliamo dare in questa occasione. Crediamo invece, e di questo ne siamo convinti, che un’Azienda come Poste non debba trincerarsi rigidamente dietro sterili numeriche che nel concreto, come è dimostrato, non soddisfano le esigenze dei servizi, “blindando” ostinatamente i contenuti di un Accordo nazionale condivisibile nelle grandi linee ma “zoppo” per taluni territori, laddove molto spesso si vivono realtà drammatiche e angosciose

Il Segretario Territoriale
SLP – CISL CATANIA
(Salvo Di Grazia)


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