Mamma licenziata, il giudice dà ragione a Ikea: «Colpa sua»

Ha vinto il colosso svedese Ikea. Il giudice del lavoro del Tribunale di Milano, Silvia Ravazzoni, ha respinto il ricorso di Marica Ricutti, la trentanovenne mamma di due bambini, di cui uno affetto da invalidità al 100%, licenziata il 21 novembre scorso perché per due volte si era rifiutata di rispettare il turno mattutino delle 7, arrivando sul posto di lavoro alle 9. Manica ha sentenziato il giudice ha torto: i suoi comportamenti rispetto ai superiori Ikea sono stati «di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e consentono l’adozione del provvedimento disciplinare espulsivo». Insomma, non è stato un licenziamento discriminatorio. Quindi niente reintegro sul posto di lavoro. Manica resta a casa.

LA MOBILITAZIONE

La vicenda aveva indignato la Cgil, molti parlamentari del centrosinistra e anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che durante un question time alla Camera aveva auspicato un ripensamento dell’azienda. Il licenziamento in tronco della mamma, tra l’altro divorziata, aveva suscitato anche la solidarietà dei colleghi dell’Ikea di Corsico, alle porte di Milano, dove Manica lavorava da 17 anni, che avevano organizzato un presidio di protesta davanti al centro commerciale e due ore di sciopero. Ma tutto questo clamore non è servito.

Secondo il giudice, dalle testimonianze raccolte in 4 udienze, Ikea non è quel datore di lavoro “insensibile” che è stato raccontato. Su 17 cambi turno chiesti dalla mamma lavoratrice a partire dal giugno 2017 evidenzia il giudice ne sono stati accolti 15. E il fatto che la donna da anni usufruisse dei permessi ex Legge 104 per l’assistenza ai genitori e successivamente al figlio disabile, «non ha influito minimamente» sulla sua carriera, visto che era diventata coordinatrice nel reparto Food. Poi però Manica si è «autodeterminata» gli orari «senza preavvertire il responsabile in due giornate». In un caso anche «in mancanza di una esigenza familiare specifica». E episodio «altrettanto grave» un giorno Manica «ha deciso di fare la pausa all’ora da lei stabilita, senza preavvertire il responsabile, semplicemente chiudendo la cassa del reparto ristorante, all’ora di punta, senza addurre alcuna plausibile ragione».

La ricostruzione degli eventi fatta dal magistrato è molto diversa, quindi, da quella raccontata alla stampa. «Sono stata messa alla porta perché non ho accettato il turno delle 7 del mattino. Un orario che per me è complicato», aveva detto la mamma lavoratrice. Ikea naturalmente esulta. «La decisione restituisce la verità dei fatti a una vicenda che in questi mesi è stata interpretata in maniera strumentale e di parte, diffondendo tra l’opinione pubblica un’immagine di Ikea che non corrisponde ai valori che esprime nel suo impegno quotidiano verso clienti, dipendenti e fornitori», dice Luca Failla, l’avvocato che ha difeso le ragioni del colosso svedese. La partita comunque non finirà qui: già è pronto il ricorso in opposizione. «È un provvedimento ingiusto e non condivisibile» afferma il sindacato Filcams Cgil che ha fornito tutela legale alla donna.

(IL MESSAGGERO pag. 12 · 04-04-2018)