Un accordo storico e controverso, ma comunque destinato ad avere ripercussioni sia sull’economia che sulle relazioni industriali dell’eurozona. IG Metall, il sindacato dei metalmeccanici e l’organizzazione degli industriali tedeschi hanno firmato un’intesa pilota, che prevede un aumento annuale dei salari del 3,5% spalmato su 27 mesi, ma soprattutto introduce la possibilità per i dipendenti di ridurre da 35 a 28 ore la settimana lavorativa per un massimo di due anni.
Siglato nel Baden-Wuerttenberg, il più grande dei Land federali e sede di tutti i maggiori gruppi automobilistici, il nuovo contratto riguarda al momento 900 mila addetti, ma, com’è tradizione in Germania, il sindacato punta a estenderlo a tutti i 3,5 milioni di operai tedeschi.
Concesso sullo sfondo di un’economia ancora in sostenuta fase di crescita e con il più basso livello di disoccupazione dal 1990, l’aumento delle retribuzioni può contribuire a stimolare ulteriormente la spesa per i consumi, con effetti che potrebbero essere avvertiti in tutta l’area dell’euro, eventualmente spingendo l’inflazione, uno degli obiettivi perseguiti dalla Banca centrale europea con il suo quantitative easing. Ma come ha spiegato il presidente Mario Draghi di recente, «dipenderà dalle condizioni del mercato del lavoro», attualmente in affanno ovunque tranne che in Germania, se un aumento dei salari industriali tedeschi avrà effetti sugli altri Paesi.
Coronario dell’intesa, sono l’una tantum di roo euro per i primi 3 mesi di quest’anno, una somma fissa di 400 euro únnuali a partire dal 2019 e un’altra sempre annuale, equivalente al 27,5% dello stipendio mensile. Alcuni dipendenti possono rifiutare questi due ultimi pagamenti, in cambio di una maggiore quantità di tempo libero.
La vera rivoluzione dell’accordo è tuttavia quella dell’orario, che Rainer Dulger, presidente di Gesamtmetall, l’associazione degli industriali, ha definito «la prima pietra di un sistema di lavoro flessibile per il XXI secolo». In cambio della possibilità per un dipendente di lavorare 28 ore la settimana invece di 35 per un periodo compreso tra 6 e 24 mesi, i datori di lavoro potranno infatti impiegare chi è disponibile fino a 40 ore settimanali. In questo modo potranno incrementare la produzione in periodi di forte aumento della domanda. I sindacati avevano chiesto che chi sceglieva le 28 ore non subisse alcuna riduzione di paga, ma su questo gli imprenditori non hanno ceduto. In compenso, per alcune categorie come i dipendenti con figli piccoli o familiari anziani, ci sarà la possibilità di godere di ferie supplementari. L’intesa vale fino al 2020.
Secondo il sindacato, la settimana corta consentirà a chi ne usufruisce di bilanciare meglio lavoro e famiglia.
Non tutti in Germania applaudono all’intesa, giunta dopo un negoziato a tratti durissimo con scioperi e diverse rotture del dialogo. Secondo diversi analisti, l’accordo salariale si rivelerà punitivo per le piccole e medie imprese del settore, il Mittelstand che costituisce la spina dorsale del sistema-Paese. Secondo Thilo Brodtmann, della VDMA, associazione degli industriali dell’ingegneria meccanica, «i piccoli imprenditori potrebbero essere spinti a cercare accordi d’impresa, fuori dal contratto nazionale».
L’intesa di Ig Metall prelude a una stagione di negoziati all’insegna degli aumenti salariali in Germania. Domani Verdi, il secondo maggior sindacato tedesco, annuncerà le sue richieste per il settore dei dipendenti pubblici.
(CORRIERE DELLA SERA pag. 31 · 07-02-2018)