Abbiamo sempre sottolineato, nelle sedi opportune, che l’intervento di carattere disciplinare è uno strumento da utilizzare, semmai fosse necessario, per finalità preventive e non punitive e che comunque è tollerabile adottare quando l’azienda ha messo nella disponibilità del lavoratore tutti gli strumenti e le risorse previste e possibili utili a non cadere nell’errore.
In ambito, soprattutto, di PCL tutto ciò non avviene. Ovvero, in un contesto oggi caratterizzato da mille contraddizioni, che si dipana tra lavoratori precari senza un serio bagaglio formativo, tra il quotidiano ricorso alle soluzioni di emergenza, tra le ricorrenti inadempienze aziendali rispetto ai contenuti degli Accordi e dello stesso CCNL, riteniamo inverosimile che si mettano sotto accusa proprio coloro che invece sono costretti a subirne gli effetti.
Mancata copertura delle zone con personale stabile e, più di recente, neppure con personale flessibile; difforme applicazione oraria rispetto alla tipologia della zona (es. CTD con contratto a sei ore applicato su zone misurate per ore 7,12); mancato rispetto dei 44r (orario di uscita e numero oggetti a firma affidati) e mancato aggiornamento degli stessi; mancata puntualità oraria delle alimentazioni; mancata scrupolosità qualitativa degli oggetti provenienti dalle lavorazioni di arretramento (dopo oltre un anno dall’avvio del nuovo modello che ha eliminato le lavorazioni interne i disguidi non si contano); mancata regolare alternanza tra zone “accese” e “spente”; continue sollecitazioni ad effettuare prestazioni straordinarie compreso il sabato e i festivi (opere di arruolamento e di convincimento da parte dei responsabili verso i PTL); illegittimi distacchi comandati anche da un comune all’altro di personale CTD e tanto altro si potrebbe aggiungere sugli impedimenti e le complessità che ogni giorno assillano i lavoratori, a tutti i livelli, dei CD.
Sulla sicurezza, poi, si apre un capitolo a parte con la scadente manutenzione dei mezzi che, in assenza di più valide alternative, vengono forzatamente utilizzati, con le conseguenti responsabilità in carico al preposto.
Tutto ciò trova la sua sintesi in un profondo vuoto organizzativo che viene “scaricato ed assorbito” dai lavoratori dei Centri, da ogni ruolo e mansione, che anziché ricevere encomi sono sottoposti ad inammissibili provvedimenti disciplinari che, in quantità, giungono loro.
E’ evidente, dispiace dirlo, che chi li sottoscrive, non conosce e non tocca con mano la realtà ed è palese come una funzione aziendale arriva persino a contraddirne un’altra: una che incalza e “tra le righe” suggerisce la gestione delle attività (finalizzata all’azzeramento del prodotto) e un’altra pronta a puntare il dito su quella stessa “sussurrata” modalità gestionale.
E se in questo marasma un PTL con decenni di professionalità maturata dimentica anche la sola tracciatura di un invio lo si condanna senza possibilità di appello!
Le sanzioni, quando non suffragate da legittime motivazioni e che non tengono conto dal contesto in cui si opera, “intossicano” il clima e allontanano i lavoratori dalle mission a cui sono chiamati e, anche quando si tratta di semplici “richiami” o di colloqui gestionali che dir si voglia, si rilasciano sensi di amarezza e di ingiustizia che mortificano i possibili sacrifici che il lavoratore sanzionato ha dovuto invece affrontare in quella giornata lavorativa.
Per essere più chiari. Prima ancora di lanciare accuse ed emettere sentenze, sarebbe bene che l’azienda si assicuri di non essere stata essa stessa la causa del presunto disservizio e, soprattutto, che abbia rispettato, per intero, i contenuti degli Accordi sottoscritti!
Nelle recenti assemblee svolte nei luoghi di lavoro, il rispetto delle regole e con esso il rispetto della dignità lavorativa di ognuno si è rivelato il tema centrale e più “sentito” dalla categoria: il valore della produzione, sebbene importante e necessario, non può oltrepassare i limiti imposti dalle norme e dal peso delle responsabilità che, oggi, vengono tutte riversate sugli esecutori finali di un sistema organizzativo che disattende i dettami condivisi e perciò instabile e oltretutto sconnesso dalla realtà che si vive quotidianamente nei Centri del territorio.
Il Segretario Territoriale
SLP – CISL CATANIA
(Chiara Carlotta Grasso)