Più volte ci siamo occupati, nostro malgrado, delle numerose e irrisolte questioni che attengono il servizio di Recapito, tanto da correre il rischio, specie agli occhi dei lavoratori, di sembrare ripetitivi. Ecco perché in questa occasione intendiamo sottolineare il disagio e il clima di grande preoccupazione che emerge, sempre più a forti tinte, nella categoria interessata.
Gli spunti ci vengono offerti dai recenti interventi di carattere ispettivo a cui in questi giorni vengono sottoposti i Centri di Recapito. Interventi questi che potrebbero rivestire principio di legittimità qualora l’azienda rispettasse per intero i contenuti degli Accordi e consentire quindi che ogni lavoratore mantenesse piena agibilità nell’esercizio del ruolo ovvero la facoltà di poter disporre di risorse, mezzi e strumenti garantiti solo in teoria, ma di fatto inesistenti.
Evitando di entrare nel merito delle ipotesi di irregolarità che nel corso delle visite vengono rilevate, nulla osta raccogliere e riferire i sentimenti di disarmo e di mortificazione che da tempo serpeggiano, soprattutto, tra i lavoratori degli Staff e del middle management dei CD.
Sentimenti certamente condivisibili allorché, a seguito delle “visite”, si mette a repentaglio persino il proprio posto di lavoro o, se va meglio, l’inevitabile danno economico personale.
Ma ciò che preoccupa non poco è che, perdurando questo stato di fatto, in tema di organizzazione e regolarità di procedure, questi lavoratori corrono il serio rischio di imbattersi più e più volte nelle medesime mancate conformità.
Con le evidenti “sofferenze” quotidiane, mai affrontate e mai risolte, risulta assai complicato assecondare prospettive qualitative del servizio.
Il nuovo modello organizzativo, a malapena ancora assimilato, che ha stravolto nelle fondamenta le routine dei Centri, anziché essere stato facilitato e “accompagnato” da chi doveva sentirsi in dovere di farlo, al contrario ha costituito facile pretesto per trasferire, a cascata, ipotesi di responsabilità che si traducono poi in ufficiali richiami.
Eppure la categoria, sin dal principio, non ha lesinato impegno e sacrificio per mettere al meglio in pratica ciò che veniva sino a quel momento solo teorizzato. E nonostante l’azienda rimanesse sorda rispetto alle legittime richieste in termini di numeriche di risorse, di professionalizzazione delle stesse rispetto alle nuove attività, dell’eccessivo ricorso alla flessibilità che, giocoforza, impedisce
un esaustivo percorso formativo dei lavoratori coinvolti, le risposte sull’efficacia del modello sono state all’altezza delle aspettative, almeno a detta dell’azienda stessa.
Certo, se poi questi lavoratori, in regime di volontariato, effettuavano dalle dieci alle dodici ore al giorno e soprattutto se effettuavano attività non previste dalle rispettive mansioni dedicandosi, spesso e volentieri, ad operatività per le quali erano costretti a trascurare quelle di pertinenza, a chi interessava? La sovrapposizione di ruoli e di compiti, senza fissare ambiti, limiti e competenze,
dove “tutti fanno tutto” quale ragionevole veste di legittimità, con tali presupposti, può essere mai attribuita alle attività di controllo?
Ancora , le incessanti pressioni sulla produzione che tali lavoratori giornalmente subiscono, pretendendo risultati fuori dalle reali possibilità del Centro e fuori dai contenuti degli Accordi è causa di una moltitudine di ripercussioni, non ultimi i rapporti con il personale addetto al Recapito, vittime anch’essi dell’insostenibile clima che ormai si vive nei CD. E la spinta all’”azzeramento”, formulata e suggerita in tutti i modi possibili, non tiene mai in conto del rispetto delle regole: ciò che importa è il risultato finale e non certo come questo viene ottenuto.
Ancora oggi, preme segnalarlo, ritenendo superate le “fisiologiche” difficoltà iniziali, risultano continue le incoerenze rispetto alla puntuale “ripartizione” del prodotto nella strategica fase di arretramento. Il mancato allineamento e aggiornamento, per come ci viene sussurrato, delle lavorazioni in carico al CS, riferito alle zone di recapito, costringe gli Staff ad effettuare impreviste attività di ripartizione oggi “eliminata” dall’Accordo in vigore.
Ciò che si configura è un contesto nel quale è diventato complicato affrontare il quotidiano con la giusta serenità, dove chi rappresenta l’azienda nel territorio sentirebbe anche la necessità di ritrovarsi l’azienda stessa a suo fianco ma i fatti, ahimè, dimostrano esattamente il contrario.
In tali condizioni, di perenne emergenza, è indubbio che arrivare a conciliare le regole con i risultati riferiti alla produzione e alla qualità è impresa ardua e irraggiungibile, oltre che estremamente rischiosa per i lavoratori. Ed ancora una volta appare in tutta evidenza la fragilità organizzativa di un settore chiave dell’azienda, che origina ormai instabilità e insicurezze ai lavoratori interessati, che cercano tutele e non sentenze.
Il Segretario Territoriale
SLP – CISL CATANIA
(Chiara Carlotta Grasso)