Per gestire le code, dagli uffici pubblici ai supermercati, tutti hanno introdotto i numeri, digitali e non, che garantiscono un accesso ordinato agli sportelli. Ma tra tutti i sistemi utilizzati, quello scelto da Poste Italiane ha creato un casus belli. Tanto che, accogliendo il ricorso di dipendenti e sindacati contro l’utilizzo dei numeri digitali senza un accordo preventivo con il personale, il Garante della Privacy è andato perfino oltre. L’Authority presieduta da Antonello Soro ha fatto sapere che la modalità di gestione delle code agli sportelli adottata negli uffici postali non potrà essere più utilizzata, perché può consentire anche il monitoraggio del lavoro dei dipendenti.
IL VERDETTO del Garante della privacy è arrivato al termine di un’istruttoria avviata per approfondire le numerose segnalazioni inviate proprio da dipendenti e sindacati sulle modalità di funzionamento del «gestore attese» introdotto dal gruppo guidato da Matteo Del Fante. I dipendenti si erano rivolti al Garante lamentando il fatto che la società avrebbe installato un sistema che rende visibili i nomi degli operatori (solo quello di battesimo, non il cognome) sul display luminoso senza averli prima informati. I sindacati avevano invece evidenziato la mancanza della stipula di un accordo sindacale in merito. Nel corso dell’istruttoria, Poste Italiane si era difesa sostenendo che l’esposizione al pubblico del nome degli operatori, al pari dei cartellini di riconoscimento sulla divisa, era funzionale a migliorare il rapporto con gli utenti. Riguardo poi alle modalità di funzionamento del sistema Poste, aveva invece dichiarato di aver agito nel pieno rispetto del Codice della privacy e della disciplina del lavoro.
DI FRONTE alla decisione del Garante, il gruppo guidato da Del Fante che per snellire le code agli sportelli ha anche avviato con successo il sistema della prenotazione via App e smartphone ha scelto di non rilasciare commenti. Resta la presa d’atto e lo studio del provvedimento con il quale l’Autorità avrebbe riscontrato diversi profili di illiceità. Il Garante ha innanzitutto ribadito che deve sempre essere rilasciata un’informativa completa ai dipendenti sul trattamento dei loro dati personali. E ha quindi evidenziato che le caratteristiche del sistema adottato da Poste Italiane non erano proporzionate alle finalità «organizzative e produttive e di sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale», ammesse dalla normativa. Questa modalità, infatti, permette a oltre 12.000 persone incaricate di accedere in tempo reale ai dati relativi a tutti gli operatori in servizio, consentendo, anche indirettamente, il controllo a distanza del lavoratore. E senza un accordo preventivo con i sindacati. L’intervento del Garante non trova però d’accordo le associazioni dei consumatori. «Mi sembra una questione di lana caprina com- menta il presidente di Unc Massimiliano Dona -. Per correttezza nel rapporto con i clienti esiste già l’obbligo per i dipendenti delle Poste di avere il tesserino nominativo di riconoscimento. Che problema c’è se il nome viene anticipato stampando il codice per l’accesso allo sportello?».
D’ACCORDO anche il presidente di Federconsumatori, Emilio Viafora secondo il quale «i problemi legati alla privacy sono ben altri, a cominciare dal telemarketing, per cui è stata approvata una regolamentazione annacquata e dall’abuso delle informazioni personali da parte delle banche dati con i consumatori che per difendersi devono registrarsi al Registro delle opposizioni mentre il sistema dovrebbe funzionare al contrario».
(GIORNO/RESTO/NAZIONE pag. 6 · 22-12-2017)