Maghi di software e marketing: ecco le professioni più richieste

Tra i mestieri più a rischio ci sono muratori, contabili e camionisti.

Specialisti dei rapporti con il mercato (leggi marketing), tecnici della produzione manifatturiera (leggi industria 4.0), analisti e progettisti di software (leggi maghi del digitale). Sono queste le tre professioni più ricercate, mentre quelle di addetti a funzioni di segreteria, contabili, muratori e conduttori di mezzi pesanti sono invece quelle che rischiano di più. Non si tratta del solito catastrofismo sui robot che ci toglieranno il lavoro, ma una solida ricerca appena pubblicata dall’Inapp (ex Isfol), che ha indagato sul periodo 2011-2016, ricavando dati molto eloquenti su quello che potrà accadere nel prossimo futuro.

Ciò che emerge con forza è che la rivoluzione digitale, per ora, non uccide le professioni a forte contenuto tecnologico e cognitivo, che anzi sono le più ricercate e spesso difficili da trovare, ma va soprattutto a sostituire le attività ripetitive e a basso contenuto tecnologico. L’indagine Inapp-Istat ha coinvolto circa 16 mila lavoratori. I ricercatori (Roberto Quaranta del Collegio Carlo Alberto di Torino, Valentina Gualtieri e Dario Guarascio dell’Inapp) hanno scavato nella massa dei dati della struttura occupazionale del nostro paese, cercando di interpretare le conseguenze dell’impatto del cambiamento tecnologico sull’occupazione italiana.

La dinamica e la struttura dell’occupazione nel periodo indicato tra il 2011 e il 2016 sono state studiate attraverso la composizione delle effettive mansioni svolte in ciascuna professione, per verificare il contenuto cognitivo e il grado di ripetitività delle stesse mansioni. I risultati di questo lavoro rappresentano una bussola che può essere utile nell’orientare le proprie scelte di tipo professionale.

Tra le 10 professioni che sono più cresciute si possono distinguere tre gruppi: le attività e le fasi produttive tradizionalmente caratterizzate da un’elevata intensità tecnologica e dalla tendenza verso le innovazioni organizzative (specialisti dei rapporti con il mercato, tecnici della produzione manifatturiera, analisti e progettisti di software); le professioni riconducibili ad attività a minore intensità tecnologica, ma dove comunque risulta rilevante la componente umana (per esempio gli addetti dell’assistenza personale o delle professioni qualificate nel settore socio-sanitario); la gran parte delle professioni riconducibili a attività a bassa intensità tecnologica.

Lo studio conferma che, per esempio, le professioni degli addetti a funzioni di segreteria o di contabilità sono quelle più esposte alle innovazioni tecnologiche, che tendono a ridurre il contributo umano al processo produttivo (vedi i software gestionali che ottimizzano le attività di contabilità e segreteria), e sono più a rischio di disoccupazione tecnologica. Insomma, le professioni che crescono di più sono quelle caratterizzate da mansioni cognitive e non ripetitive; quelle che perdono peso occupazionale sono quelle composte da mansioni manuali e ripetitive.

Tra le professioni che si sono contratte maggiormente, sul totale dell’occupazione, le professioni che hanno un peso maggiore sono in due casi caratterizzate da un elevato grado di non routinarietà rispetto all’uso di informazioni che svolgono, come i contabili e gli addetti alla segreteria; in un altro caso, sono caratterizzate da un elevato grado di ripetitività manuale, come gli operai del settore edile.

(LA STAMPA pag. 17+18 · 20-11-2017)