Oggi alla Camera si aprirà la discussione sulle proposte di legge per la reintroduzione dell’articolo 18 e la sua estensione alle aziende con più di 5 dipendenti. In pratica, il ritorno del diritto al reintegro nel posto di lavoro per tutti i licenziati senza giusta causa e per di più su una platea molto più ampia di aziende (il vecchio articolo 18, infatti, si applicava alle imprese e con più di 15 dipendenti).
Le proposta di legge base è stata presentata da Mdp (primo firmatario, Francesco Laforgia), il gruppo di dalemiani e bersaniani che si è scisso dal Pd di Renzi. Ad essa è abbinata la proposta di Sinistra italiana (primo firmatario Giorgio Airaudo, già dirigente di lungo corso della Fiom-Cgil). Entrambi gli articolati ricalcano su questo punto la proposta di legge di iniziativa popolare sulla Carta dei diritti del lavoro presentata in Parlamento dalla Cgil con oltre un milione di firme.
L’iniziativa di Mdp e Si ha creato non poco imbarazzo nel Pd, dove lo storico legame con la Cgil pesa ancora. Per evitare di arrivare al voto in aula, sotto i riflettori della televisione e dei giornali, il Pd ricorrerà a un escamotage: chiederà e otterrà (visti i voti di cui disposte a Montecitorio) il ritorno della discussione nella commissione Lavoro, con la promessa di presentare emendamenti alla legge di Bilancio per intervenire sì sulla disciplina dei licenziamenti, ma su una strada di continuità rispetto al Jobs act anziché di ritorno all’antico.
Il Pd, infatti, punta a un rafforzamento dei risarcimenti previsti in caso di licenziamento senza giusta causa: il minimo passerebbe dalle 4 mensilità previste ora a 8 mentre il massimo salirebbe da 24 a 36 mesi. Secondo Airaudo, si tratta di un «contentino di fronte all’aumento dei licenziamenti -12 mila in più nel 2016 solo quelli disciplinari mentre solo il ripristino del diritto al reintegro sarebbe efficace.
Ma il Pd conclude ha paura di discutere di questo e butta la palla in tribuna». Replica Titti Di Salvo, relatrice per il Pd, anche lei con un lungo passato nella Cgil: «L’articolo 18 è stato l’architrave del sistema dei diritti del lavoro negli anni Settanta ma nell’economia digitale bisogna trovare un altro perno. I lavoratori precari non si difendono più con il reintegro, bisogna puntare invece su formazione, equo compenso e salario minimo.
Tuttavia anziché bocciare e basta in aula la proposta sull’articolo 18, proporremo di tornare in commissione per rafforzare la tutela risarcitoria e disincentivare così i licenziamenti».
(L’ECONOMIA (CORRIERE DELLA SER pag. 30 · 20-11-2017)