«Guadagnano la metà di quanto dovrebbero. Sono pagati per quattro, cinque ore al giorno quando ne lavorano il doppio. In un Paese normale tutto questo extra sarebbe chiamato “lavoro supplementare” o “straordinario”, e verrebbe trattato di conseguenza. Qui lo retribuiscono con un premio, e solo al raggiungimento del risultato. Altrimenti nulla. È il cottimo del terzo millennio. Aggiungiamo che non ricevono lo stipendio da maggio. È questa la politica innovativa, il modello di crescita sostenibile profetizzato da Nexive?».
Nel parlare della vertenza promossa, a Lucca, contro il più grande operatore privato del mercato postale italiano, Giuseppe Priolini della Uil Toscana lancia un duro j’accuse. Secondo lui, che ha dato il via al contenzioso, Nexive (500 milioni di buste e 1,7 milioni di pacchi al giorno) bara. “Consideriamo le persone che lavorano con noi il ‘centro di tutto’” si legge sul sito Internet dell’azienda che vanta clienti fissi come Enel e Ferrero. Per Priolini è l’esatto opposto: «Riescono a vendere i servizi al massimo ribasso: risparmiando, all’estremo, sul costo del lavoro» afferma parlando con l’Espresso.
Qualche settimana fa è cambiato il referente locale lucchese di Nexive: non più “La Posta Diretta”, da adesso in poi sarà la “Società Recapiti Ferrari” a gestire lettere e plichi per conto della casa-madre. E ha comunicato subito l’ulteriore riduzione dell’orario di lavoro quotidiano, 4 ore a al posto di 5. «Col solito cottimo mascherato da premio di produttività: il pagamento della quinta ora sarà vincolato al recapito di un tot di missive» aggiunge il dirigente Uil: «Una pratica immorale e illecita perché espone i postini, che girano in motorino, a elevati rischi sul lavoro».
Ciclomotori che i lavoratori dovranno comprarsi di tasca propria, «anticipando 1.200 euro a Recapiti Ferrari: un acquisto-capestro, che di fatto costringe i dipendenti (che già percepiscono poco) a non potersi dimettere per almeno un anno, un anno e mezzo. È il tempo necessario per poter restituire i soldi “investiti” nello scooter».
Alcuni postini privati di Lucca, in serie difficoltà economiche, hanno accettato «le condizioni imposte dalla società subentrata», altri «sono stati spinti al licenziamento non avendo firmato la rinuncia a rivendicare le somme dovute dall’uscente La Posta Diretta, e quindi l’obbligazione in solido spettante a Nexive. Una forma di ricatto nella quale il committente (Nexive) interferisce non facendo assumere dalla Società Recapiti Ferrari il personale avente diritto. E questa richiesta di rinuncia la dice lunga sulla piena consapevolezza da parte di Nexive del comportamento scorretto dei partner territoriali».
La situazione di Lucca, in base ai documenti in nostro possesso, è rappresentativa di quanto accade tendenzialmente lungo l’intera penisola: in tutte le regioni, oltre alle filiali dirette, Nexive si avvale infatti di decine di piccole e capillari società private, spesso Srl, che magari falliscono lasciando il posto a un’altra nell’orbita del principale rivale di Poste Italiane. Una gestione mista che serve l’ottanta per cento delle famiglie tricolori e più di 30 mila operatori business.
«Il nostro monitoraggio sui partner a cui appaltiamo i servizi di consegna corrispondenza è costante» assicurano da Nexive. «Sono anni che il sistema della corrispondenza privata è affidato, con subappalti, a cooperative e società che hanno l’unico scopo di sfruttare la forza lavoro per far guadagnare il committente» sostiene invece con l’Espresso la Uil per bocca di Priolini: «È questo il nuovo caporalato».
Intanto la vertenza di Lucca va avanti, ed è destinata anch’essa ad avere ripercussioni nazionali. Una quindicina di lavoratori non mollano la presa. Vogliono il pagamento delle pregresse ore di lavoro “reali, non virtuali” mai retribuite, oltreché delle buste paga inevase. La Uil chiama in causa direttamente Nexive, «del resto è con loro, guarda caso, che trattiamo, mica con i partner subappaltanti» conclude Giuseppe Priolini: «L’obiettivo più generale è di raggiungere una stabilizzazione del mercato postale privato, con appalti congrui che garantiscano la corretta retribuzione degli impiegati e il pieno rispetto delle norme contrattuali e legali. Un traguardo che appare possibile solo prescrivendo a Nexive subappalti economicamente corretti».
Interpellata dall’Espresso, Nexive nega ogni accusa. «Non è vero che i nostri lavoratori svolgano attività in nero. I nostri documenti e la normativa vigente possono confermarlo. Nexive e le sue società partner cercano un difficile equilibrio tra la salvaguardia dei livelli occupazionali e la riduzione dei carichi di lavoro, dando continuità di reddito anche in presenza di mutate condizioni contrattuali. E ogni revisione dei contratti è oggetto di una trattativa tra il datore di lavoro e i lavoratori. Nexive e i suoi Partner si impegnano a raggiungere con questi ultimi accordi che coniughino remunerazione e impegno di lavoro».
Sugli straordinari legati al conseguimento di determinati standard di produttività e l’acquisto del motorino dal datore di lavoro, Nexive sostiene di rifarsi al contratto nazionale. «Nessuna costrizione, e le proposte sono state diverse. Il contratto collettivo nazionale di lavoro prevede la possibilità di utilizzare un mezzo proprio, a fronte di un indennizzo che è stato definito con i rappresentanti dei lavoratori e che tiene conto dei costi assicurativi e della manutenzione ordinaria» ribatte Nexive: «Ma per coloro che non possiedono un ciclomotore, la Società Ferrari si è resa disponibile ad anticiparne il costo d’acquisto, trattenendo una quota mensile. E resterà del lavoratore».