18 settembre 2014
Dalle continue e numerose segnalazioni che ci pervengono dai territori, rileviamo lo stato di grande disagio degli UP che fanno capo alla Filiale di Catania Due. E’ singolare tornare su questioni ampiamente trattate nel passato più e meno recente, tanto da ricavarne il convincimento che fatalmente la Filiale di cui trattasi deve sempre ripartire da zero, rifiutandoci di credere ad un preordinato progetto aziendale. Basta guardare per un attimo a ritroso infatti e ripercorrere le vicissitudini che ne hanno segnato la “storia” per giungere ad una naturale conclusione. Tutti si ricordano del lungo periodo di vuoto gestionale che la Filiale ha subito, a cui è Ma, detto questo, vogliamo occuparci del presente, dove difficoltà, improvvisazione e assenza di strategie la fanno da padrone con le ovvie ripercussioni che, a volte violentemente, ricadono sui lavoratori amministrati (DUP, SCC, OSP) sino a percepirsi chiaramente e sempre più forte un senso di abbandono e di smarrimento. Sulle conclamate carenze di organico si fanno “spallucce” ed è sin troppo facile liberarsi delle responsabilità riconducendole ad altri organi dell’Azienda stessa. Se questo è il modo di trattare le emergenze significa svuotare di elementi qualitativi la leadership della Filiale.
Non esiste più una squadra con univoco obiettivo anzi, al contrario, c’è la gravissima sensazione che qualcuno remi pure controcorrente. Tutti i supporti sono svaniti: non si tenta neppure di risolvere o affrontare uno solo degli innumerevoli problemi che ogni giorno si presentano sui tavoli della gestione. Tutto si ferma, tutto si blocca e tutto si rimanda a domani, insinuandosi il virus dell’immobilismo dove magari qualcuno crede di poter controllare tutto l’universo dalla propria stanza al riparo delle intemperie, e non si accorge che fuori il mondo crolla.
Ancora peggio quando, con una dose di (scarsa) furbizia si tenta di far prendere il piatto rovente al compagno di banco, che è sempre quello che alla fine si caricherà sulle spalle tutti gli oneri, oramai diventati insostenibili, di tutta la struttura.
Per quanto tempo ritiene l’Azienda di poter mantenere questo andazzo? Quanto ancora devono aspettare i lavoratori per vedersi firmati i rimborsi delle missioni effettuate sei mesi addietro? Quanto devono aspettare i lavoratori per veder muovere le mobilità volontarie? Quando finalmente i lavoratori ritroveranno l’interlocutore giusto per far funzionare l’Azienda sui territori? Per quanto tempo ancora deve esercitarsi una gestione che non guarda alle esigenze, alle necessità e alle aspettative della periferia e agire come un’entità a se stante, lontana anni luce dalle realtà dove si lavora e si produce?
Appare scontato che le vere responsabilità sono da ricercare a monte, al livello gerarchicamente superiore e sarebbe sorprendente se tutto ciò sfuggisse ai vertici di riferimento a meno che si cerchi volutamente di mortificare una Filiale cercando poi magari, secondo vecchi sistemi, il singolo responsabile.
Qui è sfuggita la naturale funzione di una Filiale che è quella di aiuto e di supporto non solo verso i lavoratori ma anche nei confronti della clientela. La sensazione che emerge si pone invece esattamente all’opposto, quasi di contrasto, di avversione, di fastidio nei confronti degli Uffici, trattati spesso come un peso che rallentano e ostacolano altre e più importanti attività (ci chiediamo quali…).
Di fatto, tutta la Filiale, si regge sullo spirito di sacrificio e di (non meritata)collaborazione dei DUP, degli SCC e degli OSP che in ogni momento della giornata si espongono di persona e mettono la propria faccia e la propria pelle nel gestire tutte le emergenze e tutte le difficoltà legate alla corretta operatività.
Un contesto, nel complesso, ormai sfiduciato, demotivato, senza gli impulsi necessari che non possono essere trasmessi attraverso le solite minacce e provocazioni, che fanno parte di un vecchio stile e che sortiscono effetti inversi.
Sinora abbiamo saputo aspettare, fermi sui nostri principi improntati sul leale confronto costruttivo, nella consapevolezza che i cambiamenti portano con se anche le fisiologiche ripercussioni sul sistema precedentemente consolidato.
Adesso però è giunto il momento di lanciare l’allarme ed è necessaria una decisa inversione di marcia, per evitare che subentri la rassegnazione con il pericolo di ritrovarci domani a dover ricostruire, ancora una volta, dalle macerie.