Felicia Tafuri, laureata in filologia classica, dopo cinque mesi da ricercatrice in Germania a 900 euro al mese, oggi fa ricerca a Salerno, ma gratis. Valerio Celentano, medico, specializzato in chirurgia generale, è il più giovane dirigente di una unità di chirurgia generale in Inghilterra. Due esempi di giovani alle prese con la ricerca di un lavoro, che troppo spesso decidono di emigrare per il Centro Nord o per altri Paesi. Felicia e Valerio hanno portato la loro testimonianza al convegno «Avere 20 anni al Sud: le ragioni per restare e per tornare», promosso da Il Mattino, che si è tenuto ieri a Napoli, nel teatro Mercadante.
I dati sono eloquenti e allarmanti. In dieci anni – dice la Svimez – più di 20mila laureati hanno lasciato il Mezzogiorno per trasferirsi al Nord o fuori Italia. La Svimez sostiene che il costo del depauperamento culturale del Sud, calcolato sulla spesa di istruzione pro capite sostenuta dallo Stato, ammonta a circa 30 miliardi. Dopo la crisi 400mila posti non sono stati ancora recuperati. Insomma, anche se la ripresa è iniziata, i giovani, anche laureati e specializzati, continuano a emigrare dalle regioni meridionali.
«La questione non è se i giovani vanno a lavorare all’estero, ma se la scelta è reversibile», dice il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Intervenendo al convegno di Napoli, il premier fa osservare: «Abbiamo un tasso di occupati che nelle medie nazionali è tornato a livelli elevati, ancora non soddisfacenti, ma sopra al 58%, mentre al Sud, per l’occupazione giovanile, rispetto al 2008, abbiamo un milione e ottocento mila occupati in meno: un incubo». Ora, però, per Gentiloni «abbiamo un’occasione in più» e «condizioni senza precedenti». Con una serie di strumenti di attrazione di investimenti predisposti e utilizzati e confermati nella nuova legge di bilancio. «Le risorse – precisa – vanno concentrate su lavoro e giovani e così è impostata la legge di bilancio e così spero e sono sicuro la faranno uscire dal Parlamento prima di Natale».
All’incontro di Napoli si sono confrontati sul tema politici, ed economisti, imprenditori e giovani in cerca di occasioni e di risposte. «Il nostro è un Paese che si accontenta di quello che è- dice il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia – e non di quello che potrebbe essere». Per Boccia ciò non significa che «il Paese non stia reagendo». Ma poi si domanda: «Dopo marzo, dopo le elezioni, cosa accadrà? Possiamo assistere ad un dibattito che anziché aprire un fronte sul grande piano di inclusione dei giovani azzerando ad esempio totalmente il cuneo fiscale per far entrare nelle imprese nativi digitali, e innovazione anche nella Pa, per evitare il secondo divario con le imprese – si focalizza su quanto deve essere la durata dei contratti a tempo determinato o come smontare il Jobs Act? È questa l’agenda economica che il Paese merita? Io penso di no».
Investimenti, imprese e occupazione: questa è la ricetta del ministro dello Sviluppo Carlo Calenda. «L’unica cosa di cui non abbiamo bisogno è il dualismo Nord-Sud afferma -. Al contrario serve un nuovo meridionalismo. Non quello dell’assistenzialismo che ha prodotto il divario». Per il ministro «è miopia pensare a una politica industriale differenziata. Bisogna investire, investire, investire. Scorciatoie non ci sono». Calenda fa riferimento al caso Ilva e parla di rapporti inesistenti con alcuni governatori meridionali.
Toni diversi, ma analisi in linea con quella di Calenda la fa il ministro del Mezzogiorno Claudio De Vincenti. «La prima risposta da dare ai giovani è il lavoro – afferma il ministro-. Il futuro del Sud non è il reddito di cittadinanza». Per il ministro «il Mezzogiorno è al centro dell’agenda di Governo». E cita «i Patti per il Sud, con interventi in esecuzione per circa 7 miliardi, il credito di imposta, la decontribuzione per i contratti a tempo indeterminato pari al 100% nel Sud».
Basteranno le misure adottate? Il dibattito meridionalista oscilla tra ottimismo e pessimismo. Adriano Giannola (Svimez) apprezza le zone economiche speciali, ma pensa a incentivi fiscali utili solo se strutturali. Il presidente della Campania De Luca invoca una revisione dei criteri per l’assegnazione di risorse statali. De Magistris punta sulle risorse per gli enti locali. Il filosofo De Giovanni parla di contrapposizione Nord-Sud, inasprita dal referendum di Veneto e Lombardia. Poi si prospetta un Patto per unificare e per crescere. Per i giovani, per superare ansia e rassegnazione. Per far sapere loro conclude Boccia «che è possibile farcela».
(IL SOLE 24 ORE pag. 5 · 12-12-2017)