Lo scarso dialogo tra scuola e imprese penalizza i giovani

Occupazione. L’indagine delle Acli Lo scarso dialogo tra scuola e imprese penalizza i giovani Giorgio Pogliotti ROMA mut Penalizzati dalle carenze nell’orientamento scolastico, dalla mancanza di dialogo tra la formazione e il lavoro. Accettano spesso lavorimalpagati, o al di sotto delle proprie competenze. Anche se la laurea rappresenta una “marcia in più” per poter aspirare aprofessionipiùqualificate. Insieme alla disponibilità a spostarsi all’estero che produce vantaggi retributivi soprattutto perleprofessionalitàpiùelevate. L’indagine svolta dalle Acli tra 2.50o ragazzi d’età compresa tra i8 e 29 anni (tra loro gli occupati sono il 69%) che sarà presentata oggi, all’avvio della tre giorni di studio che si apre a Napoli, fornisce uno spaccato della realtà giovanile.

L’influenza del titolo di studio è positiva per i laureati che vivono in Italia e all’estero, con alcune differenze: i162,9% di quelli che lavorano all’estero è inserito in posizioni lavorative più qualificate contro il 33,3% di chi lavora in Italia e vive solo, il 27a% tra i laureati che vivono in famiglia (rispetto al 20,9% che si registra tra il totale degli intervistati). Tra le professioni tecniche troviamo una quota importante di laureati: il 28,6% tra quelli che vivono da soli e i123,4% che vivono in famiglia, un dato che evidenzia il «problema di eccesso di competenze tra i giovani italiani». Lamobilità è un fattore determinante per la soddisfazione nel lavoro: 1177,2% deilavoratori intervistati altamente qualificati occupati in Italia dichiara di guadagnare toppo poco, contro i143,1% di quelli che lavorano all’estero (tra le professioni tecniche lo scarto è dito punti).

In Italia per molti giovani il lavoro non offre prospettive di carriera (44,9%), la percentuale più alta si registra tra i non laureati che vivono soli (57,7%). Altro nodo, la formazione. Il 43,8% dei giovani intervistati ha fatto un percorso di studi che si è rivelato poco o per nulla utile nello svolgimento del lavoro attuale, la percentuale scende al 39,9% tra i giovani all’estero. Il 42,4% degli intervistati è pentito TUTELE Solo uno su dieci crede che i sindacati possano fare qualcosa per difendere il lavoro (11,1%): tra chi vive in Italia si sale al 13% delle scelte formative del passato, la percentuale sale al 56,7% tra i ragazzi che svolgono un lavoro per il quale ritengono sia inutile il titolo di studio che hanno. Sul versante delle tutele, solo i giovane su io ritiene le organizzazioni sindacalipossono fare qualcosa per difendere il lavoro (11,1%), tra i giovani che vivono in Italia i113%.

Prevale la disillussione, per quasi il 4o% degli intervistati l’attuale funzionamento del mercato del lavoro rende inutile qualsiasi azione di tutela del lavoro(la percentuale è più bassa tra chi possiede un titolo di studi superiore). In questo contesto cresce la propensione al lavoro “in deroga” rispetto agli standard normativi, soprattutto tragliitalianinonlaureati che vivono per conto proprio (37,7%) o in famiglia (30,7%). Le Acli propongono di investire nella formazione professionale, di diffondere l’infrastruttura formativa di qualità rivedendo i criteri di accreditamento, di innovare qualifiche e diplomi, sviluppando gli Its.

(IL SOLE 24 ORE pag. 15 · 14-09-2017)