Il lavoro dignitoso dei freelance

La chiamano l’economia dei lavoretti, occcasionali, flessibili, governati dal fiorire delle cosiddette App. Spesso so: no le piattaforme digitali a mettere in comunicazione il bisogno di un servizio con l’offerta. La caratteristica è che questa economia è una prateria calpestata da freelance e consumatori. Come tutte le innovazioni, ad essere negati sono spesso i diritti: si sa infatti che senza intermediari tra domanda e offerta si rischia di prendere legnate e non basta richiamare diritti e tutele del patrimonio sociale di un paese.

Di freelance ve n’è di tutti i tipi: professionisti, artigiani, intermittenti, parti: te Iva. Molti sono autonomi, ma in crescita sono i dipendenti travestiti: hanno un unico committente, sono eterodiretti, obbedisco: no agli ordini, usano le altrui attrezzature; per tutte queste e altre ragioni non sono degli autonomi. Ora, anche nell’era delle tecnologie e delle App si ripresenta il problema: come rendere sostenibili ai nostri tempi i diritti delle persone con la competizione delle imprese, come sposa, re tutele e libera iniziativa.

Una risposta l’ha data il recente Statuto del lavoro autonomo, che sta cercando di frenare gli abusi. Ma molto resta ancora da fare sul campo. L’obiettivo è l’applicazione e la diffusione del lavoro dignitoso per tutti, dalla malattia alla maternità, dall’equo compenso alla detassazione, all’accesso al credito. Sono traguardi scritti sulla carta, che scompaiono al primo stormir di App.

(LA STAMPA pag. 18 · 23-10-2017)