La sfida dei 700 euro

Con le condizioni dei nuovi padroni un operaio di quinto livello vede calare lo stipendio lordo da 3.000 a 2.300 euro

TARANTO. «Qui si vive costantemente nella paura di perdere il posto di lavoro ma anche essere riassunto da zero significherebbe perdere 700 euro lordi al mese. su uno stipendio di circa 3000 euro, sempre lordi. Per la mia famiglia sarebbe una tragedia». Francesco è un operaio dell’Ilva da più di quindici anni. Trema all’idea di essere tra i 3300 esuberi annunciati dai nuovi gestori del siderurgico di Taranto e si fai conti in tasca preparandosi a tirare la cinghia a causa di un nuovo contratto di lavoro con cui perderebbe anzianità di servizio e salario integrativo.

«Il mio è l’unico stipendio in famiglia e abbiamo sette figli. Se mi facessero un nuovo contratto, da operaio di quinto livello tornerei alla casella di partenza: secondo livello, con una decurtazione di circa 350 euro in busta. In più perderei i circa 150 euro degli scatti di anzianità. Se ci aggiungiamo poi che col calo di anzianità scenderebbero anche le percentuali di tutti i coefficienti di maggiorazione per i turni, gli straordinari e i premi di risultato, in pratica perderei circa 700 euro in busta paga. Praticamente la rata del mutuo sulla casa». «Ne ho parlato in famiglia racconta Francesco e pur di non perdere il lavoro sarei costretto ad accettare qualsiasi condizione. Certo dovremmo fare sacrifici anche perché il prossimo anno il primogenito vorrebbe andare all’università. Intanto l’auto si è rotta e aspettiamo tempi migliori per ripararla. I miei figli vanno a scuola in bici».

«E’ un ricatto. Sono condizioni peggiori di quelle dei Riva si sfoga Fabio, 35 anni, in Ilva al Treno nastri da quando ne aveva 22 almeno loro dopo due armi di formazione assumevano i diplomati col terzo livello e il quarto scattava dopo un anno. Col Jobs Act perdiamo ogni libertà. Per esempio se un lavoratore si rifiuta di eseguire una manovra che ritiene pericolosa rischia il posto di lavoro e senza l’articolo 18 non potrà più essere reintegrato».

La proposta di rinnovo dei contratti rievoca il caso dei lavoratori della Nuova Siet. Nel 1999 la Siet, che lavorava praticamente in esclusiva per l’Ilva, fu messa nelle condizioni di chiudere. I 300 lavoratori furono riassunti dall’Ilva ma costretti ad accettare le sue condizioni. «Persi in un colpo 26 armi di anzianità. Da ottavo livello, impiegato operativo, fui costretto ad accettare il secondo livello», ricorda Luigi Giaracuni, «o così o te ne stai a casa mi dissero. In pratica avevano una maestranza qualificata al costo di un principiante. Pur facendo sempre lo stesso lavoro, da un giorno all’altro persi mezzo stipendio e fui costretto a ritirare mio figlio dall’università. L’Ilva, invece, assumendo dalla mobilità non pagava neanche i contributi».

I vecchi padroni dell’Ilva, Emilio e Claudio Riva furono condannati per truffa ai danni dell’Inps, estorsione e tentata estorsione ai danni dei dipendenti. Reati prescritti ma la Cassazione ha stabilito un risarcimento per i lavoratori. «A conti fatti da 18 anni prendo 250 euro in meno di pensione al mese. La causa di risarcimento con gli eredi di Riva è ancora in corso»

(LA REPUBBLICA pag. 10 · 11-10-2017)