Poste, Anima o Sia: il dilemma di Del Fante

IL PIANO INDUSTRIALE È ANCORA AVVOLTO NELLE NEBBIE E NON SARA RESO NOTO FINO ALL'INIZIO DEL 2018. FORSE ALLA CDP IL RISPARMIO GESTITO. SUI PAGAMENTI DIGITALI C'È INTERESSE MA ANCHE MOLTE INCOGNITE

Il nuovo piano industriale di Poste continua ad essere avvolto nel mistero più totale. Ed è probabile che fino all’ultimo momento probabilmente l’inizio del 2018 il nuovo capoazienda Matteo Del Fante terrà le carte coperte. Le curiosità non sono poche: quale gamba di Poste è destinata a svilupparsi di più? La consegna lettere (sempre più residuale) e pacchi, strategica nell’epoca dell’e-commerce; il ricco e promettente settore dei pagamenti elettronici; quello dei prodotti finanziari “di base” (libretti e Buoni postali, venduti per conto della Cdp) o ancora l’asset management?

Interrogativi fondamentali per capire il futuro del gruppo. Non solo, dalle risposte dipendono anche le sorti di una serie di partite collegate, da Sia ad Anima holding. Quindi, del nuovo profilo del polo italiano del risparmio gestito, avviato ma non ancora giunto a compimento con le operazioni di fine luglio, quando Banco Bpm ha conferito Aletti Gestielle sgr ad Anima. La seconda tappa, con il coinvolgimento di Poste, era stata annunciata a fine 2016. La pausa estiva, dicono i ben informati, non è trascorsa invano e adesso il processo si è rimesso in moto, anche se forse in forme leggermente diverse rispetto al piano originale. «La sensazione è che ci possa essere un ripensamento sul progetto originario comunicato al mercato di fondere Banco Posta Fondi sgr e Anima» dice Gian Luca Ferrari, analista di Mediobanca Securities. L’operazione porterebbe alla nascita di un polo del risparmio nazionale con circa 180 miliardi di masse gestite e una quota di Poste in Anima (dove è già presente con poco più del 10%) poco sotto il 25%, per non far scattare la soglia d’opa.

Ma è ancora questo il progetto di Del Fante? Piuttosto, sul mercato si è notato un ritorno di fiamma, anche dal punto di vista commerciale, sui prodotti targati Cdp. Per questo, anche sull’onda di alcune indiscrezioni circolate prima dell’estate, qualcuno continua a pensare che alla fine un polo del risparmio gestito tricolore vedrà la luce, ma con il coinvolgimento piuttosto di Cdp (che non ha mai nascosto di considerare strategico il settore, fin dai tempi dell’operazione Pioneer). Lo schema degli interventi di Cassa in genere la vedono nel ruolo di co-investitore, non di gestore prioritario, e lo schema dovrebbe essere confermato anche in questo caso. Un suo coinvolgimento viene considerato probabile.

E qui si intreccia l’altro perno delle “speculazioni” di mercato, che chiama in causa Sia. La stella dei pagamenti digitali (è leader in Europa), con clienti in 46 paesi, di cui 19 banche centrali, nel 2016 ha gestito i processi relativi a 12,2 miliardi di transazioni e a 4,3 miliardi di operazioni con le carte di credito e di debito. La prossima tappa che la vedrà protagonista, il 21 novembre, è l’avvio dei bonifici istantanei: se tutte le aziende si dotassero di questo sistema (sviluppato e gestito da Sia) gli economisti calcolano fino ad un punto percentuale di Pil in più, grazie all’abbattimento del costo del circolante per le imprese.

Sia è già partecipata, indirettamente, al 15% da Poste, che l’aveva rilevata nel settembre scorso da Cdp (che è scesa così al 35%) pagandola in base ad un equity value di 2 miliardi. Ora il dossier potrebbe ritornare di attualità, rilevando la quota residua in mano a Cdp. Una mossa che sostanzialmente porterebbe ad internalizzare un fornitore di Poste, che proprio nei sistemi di pagamento digitali è molto impegnato.

Una buona idea per rivitalizzare Poste, che a due anni dalla quotazione è ancora sotto il prezzo di collocamento? «E’ un po’ come se Porsche comprasse Brembo», sostengono alcuni osservatori; il contrario insomma di quello che avviene in tutto il mondo, dove si tende piuttosto ad esternalizzare. Inoltre, essendo Sia partecipata da banche e fondi di private equity, passare per una quota così rilevante sotto Poste potrebbe avere anche l’effetto negativo di sottrarre parte del business generato dagli istituti di credito. In passato si era ipotizzato piuttosto uno sbarco in Borsa di Sia e il dossier potrebbe essere ancora allo studio, a partire dalla prima parte del 2018. Sempre che, appunto, non scenda in campo Poste.

Dal suo punto di vita, infatti, l’acquisizione di un altro pezzo di Sia potrebbe essere la “storia societaria” che il mercato si aspetta. L’ipotesi raccoglie più di una simpatia tra gli operatori, anche se fino a questo momento non ci sono stati segnali in tal senso da parte di Del Fante. «Dal piano mi aspetto la sostituzione del contributo dei ricavi da trading, soggetti alle oscillazioni del mercato, con ricavi ricorrenti che possano venire dall’asset management e/o dal business dei pagamenti», sottolinea Giovanni Razzoli, analista di Equita. Ancora qualche mese e si scopriranno le carte.

(AFFARI&FINANZA (LA REPUBBLICA) pag. 17 · 25-09-2017)