Viola il divieto di discriminazione fondata sul sesso la normativa di uno Stato membro che, nel caso di lavoro a tempo parziale verticale, escluda i giorni non lavorati dal calcolo dei giorni di contribuzione, con conseguente riduzione del trattamento di disoccupazione, se la maggior parte dei lavoratori che usano il part time è costituita da donne.
Con questa conclusione la Corte di giustizia europea (sentenza depositata ieri nella causa C 98/15) afferma un principio importante in materia previdenziale, che può avere anche un impatto nel nostro Paese.
La controversia, avviata da una lavoratrice spagnola, ha per oggetto i criteri per determinare la durata della prestazione di disoccupazione per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale. La ricorrente ha svolto per circa l4 anni l’attività di addetta alle pulizie con orario part time verticale, e dopo aver perso il lavoro, ha chiesto l’indennità di disoccupazione.
Il trattamento è stato concesso, ma per una durata inferiore a quella attesa, in quanto sono stati considerati ai fini dell’anzianità contributiva soltanto i giorni effettivamente lavorati. Sono stati esclusi, invece, dal calcolo i giorni durante i quali, in virtù del part time verticale, non è stata svolta alcuna prestazione.
Il giudice comunitario premette che tale normativa non viola il principio di parità di trattamento dei lavoratori part time, osservando che tale principio sarebbe applicabile solo alle “condizioni di impiego” e non anche ai trattamenti di natura previdenziale.
La Corte di giustizia ritiene, invece, che la normativa spagnola determini una discriminazione indiretta fondata sul sesso. Secondo costante giurisprudenza della Corte, vi è discriminazione indiretta quando l’applicazione di un provvedimento nazionale, pur formulato in termini neutri, sfavorisca di fatto un numero molto più alto di donne che di uomini. Nel caso spagnolo, la normativa contestata riguarda un gruppo di lavoratori- quelli a tempo parziale che è costituito in grande maggioranza da persone di sesso femminile.
Sulla base di questa considerazione, la Corte ritiene che la legge spagnola determini una disparità di trattamento a sfavore delle donne, che giudica illegittima in quanto non giustificata da fattori obiettivi.
Il principio può avere un impatto rilevante anche in Italia, dove da molti anni va avanti un contrasto interpretativo su una questione diversa ma affine. L’Inps calcola nell’anzianità contributiva dei lavoratori con part time verticale “ciclico” solo le giornate di lavoro effettivo, mentre la giurisprudenza maggioritaria ritiene che nella base di dell’anzianità contributiva utile ai fini pensionistici vadano inseriti anche i periodo di non lavoro. Questa posizione trova oggi un importante sostegno nei principi affermati dal giudice comunitario.
(IL SOLE 24 ORE pag. 30 · 10-11-2017)